giovedì 27 agosto 2009

La farfalla che voleva fermare il tempo - intervista

Questa è l'intervista integrale di una fotografa che amo molto: Borbuletachiara.
Per chi volesse approfondire alcuni dei suoi lavori, ho scritto un articolo che porta questo stesso titolo: "La farfalla che voleva fermare il tempo". Ma naturalmente, più di ogni altra cosa, consiglio di guardare l'album di Chiara.

Ciao Chiara, mi racconti un po' di te?

Ho ventotto anni, vivo in una città che adoro, faccio un lavoro che non amo ed intanto continuo a studiare sperando di arrivare un giorno a fare ciò che invece vorrei: insegnare.
Ho un carattere malinconico (e questo si vede dalle mie foto) e mi piace la gente che parla poco (perchè di solito quando lo fa dice cose intelligenti). Quello che mi spaventa di più è la mediocrità e l'incapacità di comunicare. Mi piace camminare scalza, andare al cinema di pomeriggio nelle sale poco affollate dei piccoli cinema, viaggiare (soprattutto in treno guardando fuori dal finestrino), lasciarmi rapire da un libro, osservare le mani degli sconosciuti e provare ad indovinare i loro pensieri, ricevere e scrivere lettere e miliardi di altre cose futili. M'innamoro facilmente dei piccoli dettagli della vita e raramente di un uomo, ma quando succede è una delle cose più belle in assoluto.

Da quanto tempo hai cominciato a fotografare e come è nata questa passione?

Mi è sempre piaciuto osservare, sin da piccola e penso che questo abbia influito molto sulla mia voglia di fotografare. Non saprei dire con precisione quando ho sentito di amare la fotografia, ma credo che il momento decisivo coincida con un periodo molto felice della mia vita in cui ho vissuto in Spagna. Laggiù era tutto così bianco ed acceso che non riuscivo a smettere di scattare. Ricordo di aver tappezzato le pareti di tutta la casa con le mie fotografie. Non sono (nè mi sento) una fotografa, ma ora come ora so che non potrei più fare a meno della fotografia.


Qualche notazione tecnica: che macchina usi? Fai molto uso di programmi per la post produzione?

In digitale una Canon 1000D comprata da poco, in analogico una Canon EOS3000V, una Polaroid ed una Holga. Quest'ultima mi ha aperto gli occhi su un mondo incredibile: quello delle "Toy cameras". In effetti ho sempre pensato che una buona fotografia dipenda davvero poco dalla macchina che si usa, quanto piuttosto dalla bravura di chi ci sta dietro. C'è gente che crede basti avere una buona attrezzatura (ovvio che questo aiuta, ma non è tutto!). Le Toy, macchinette poco prestanti con lenti in plastica, sono la prova che invece si possono ottenere delle foto davvero interessanti solo grazie alle capacità di chi le usa.
Non so usare Photoshop nè altri programmi complessi del genere. Utilizzo (esclusivamente sulle foto in digitale) il programma di fotoritocco di Flickr (Picnick), soprattutto per correggere esposizione e contrasto. Mi piace applicare l'effetto "Cross Processing" alle mie foto perchè rende i colori piacevolmente caldi antichizzando l'atmosfera dell' immagine. Di tutti gli altri effetti ne so ben poco, ma credo anche che sia bello che la foto resti piuttosto fedele all' originale, non apprezzo le immagini troppo elaborate via software


Hai dei soggetti preferiti? E' difficile capirlo dalle tue immagini, fotografi veramente di tutto. A vedere i tags, "traveling", è quello per te più significativo.

Adoro fotografare di tutto perchè penso che la bellezza si nasconda davvero ovunque e stia a noi saperla stanare, un po' come se si giocasse a nascondino. Ci sono tuttavia dei soggetti che ricorrono nella mia fotografia. Mi riferisco alle finestre ed alle porte (per il loro forte significato simbolico di "affacciarsi sulla vita" o di "nascondersi dietro di esse"), alle biciclette (che per me sono poesie sulla libertà), alle buche delle lettere ( custodi di attese e vite scritte su carta..) e molti altri ancora, come le gli sconosciuti per strada, i caffè del centro, le sedie vuote... Il tag "travelling" è molto significativo perchè il viaggio è la mia vita e quando viaggio fotografo tantissimo (così come "quando fotografo viaggio!") Non potrei mai partire senza macchina in valigia, sarebbe perdere una parte importante di quello che vivo.

Racconta una tua foto.

La foto di cui ti parlero è questa.
Come ho già detto credo che la fotografia sia la capacità di scovare la bellezza nelle piccole cose quotidiane. Questa foto è una sintesi di ciò che intendo. Stavo camminando verso casa quando tra il grigio omogeneo dell'asfalto e la linea bianca tracciata per terra ho visto una meravigliosa foglia gialla. Per un attimo mi sono fermata a pensare a quanto questo particolare, per alcuni del tutto insignificante, fosse perfetto nella sua totale semplicità. Così ho preso la Polaroid ed ho scattato. Ad oggi penso che questo sia uno dei miei scatti più belli, forse proprio perchè nella suo essere essenziale racchiude in sè un significato immenso.

Cosa rappresenta per la te la fotografia?

La fotografia è la lingua con cui parlo. Attraverso le immagini racconto di me, ma non solo: parlo di quello che mi sta intorno, di quello che vorrei fermare per sempre. Forse è un tentativo di regalare l'eternità a qualcosa che altrimenti andrebbe irrimediabilmente perduto.

In alcune tue immagini pare tu tenti di fermare il tempo. Non si legge la contemporaneità , ma piuttosto un passato che rimane (o ritorna). Le auto d'epoca, le case antiche...

Ho sempre avuto la convinzione (poco originale!) di essere nata nell'epoca sbagliata. Oggi va tutto troppo veloce e l'amore per un passato mai vissuto e la sua sacra lentezza, la nostalgia per questo "ieri" che non è stato mio, la metto nella mia fotografia in modo del tutto istintivo, quasi senza rendermene conto. Adoro tutto ciò che racchiude in sè una storia passata: le macchine d'epoca, le case antiche, i muri scrostati, i libri usati. Per alcuni questo è "vintage", per altri è "vecchio", per me è semplicemente prezioso.

mercoledì 26 agosto 2009

tolemaica.blogspot.com

C'è un'unica cosa in cui sono stato di fatto scrupoloso,
nell'essere scrupolosamente impreparato
.

Alfred Stieglitz



Questo blog va avanti da quasi tre anni.
E come tutti (molti) i blog, per quanto parli pochissimo del sottoscritto, racconta molto di me.
Ad esempio di come sono mutati i miei interessi nel tempo.

Questo blog continuerà ad esistere e a proporre, come recita il breve testo di presentazione nella colonna a destra, "quel che mi pare e piace". Senza regole.
Se non quella di seguire lo stimolo del momento.
Anzi, dell'istante

Però per quel che mi interessa oggi in particolare - l'arte contemporanea nelle sue varie espressioni - ho deciso di creare uno spazio a parte.
Un luogo per raccogliere i miei interventi "critici" e le proposte che reputo di valore.

Per chi fosse interessato a questi temi in particolare, oggi è nato tolemaica, l'artista geocentrico.

Au revoir les enfants.

martedì 25 agosto 2009

Odio i multisala


Li odio. Ma proprio con tutto il cuore. Sono per vacche, pecore, quello che volete, ma non per le persone. Coi multisala il cinema perde ogni magia.

Odio i multisala. Ma soprattutto odio l'impossibilità di scegliere.

domenica 23 agosto 2009

Italians

Cell phone Mom's Beach - Italians

Un'immagine di Osvaldo zoom.

Le mani sulla città

Un gruppo di artisti digitali tedeschi ha realizzato questo video tridimensionale che viene proiettato sulla facciata di un edificio di Amburgo. Effetto straniante...

555 KUBIK | facade projection | from urbanscreen on Vimeo.

sabato 22 agosto 2009

Chi non vela è un vile. Ma anche no.

Coadiuvato da due straordinarie attrici, il mio grande amico, supermega Direttore e splendido giornalista, Matteo Rinaldi ha messo in video la sua passione per la vela.
Coi risultati che si possono vedere qui sotto.



venerdì 21 agosto 2009

Quello che di americano ancora non abbiamo

Nel 1988 Laterza pubblica i 5 volumi curati dagli storici francesi Georges Duby e Philippe Ariès dedicati alla ricostruzione della vita privata dall'Impero romano al 900.

Uno dei saggi compresi nell'ultimo volume si intitola "Il modello americano in Italia" e, ovviamente, traccia una breve analisi storico sociologica della progressiva penetrazione dell'american way of life nel nostro Paese dal dopoguerra ad oggi (anzi, ad allora: vent'anni fa).

Tra la gran massa di ciò che di americano è ormai parte ordinaria della nostra vita, precisano ad un certo punto gli autori Guido Fink e Franco Minganti, "occorre mettere in conto anche quelle cose che - curiosamente? sfortunatamente? - non sono passate per nulla o hanno trovato limitatissima applicazione".

Segue elenco formulato dai due. Eccolo:

- Nel campo dell'industria del tempo libero potremmo pensare alle slot-machine che, diffusasi abbondantemente nel resto d'Europa, in Italia non ha mai sfondato;
- Oppure vengono alla mente l'uso di reparti di lavanderia a gettone;
- Il take away generalizzato (il boom delle rosticcerie ci pare troppo ristretto in Italia per essere ragionevolmente comparabile);
- la consegna a domicilio (qualche mese fa ha destato divertita curiosità la notizia che in talune città italiane sono entrate in funzione ditte specializzate nella consegna della pizza direttamente a casa dei clienti).


Riporto questo breve passo del volume perché l'ho letto giusto ieri, destando in me - devo ammettere - divertita curiosità.

My beautiful laundrette

Un'immagine di Jamiecat*.

giovedì 20 agosto 2009

Nina

In questi giorni stavo riflettendo su quali immagini potrebbero meglio raccontare la crisi di questo tempo.
Ovviamente, il primo riferimento che mi viene in mente quando penso al racconto fotografico di una profonda depressione (culturale, economica e bla bla bla) è Dorothea Lange.

Ma molto è cambiato da allora. E credo che ad esprimere il disagio della nostra era, almeno in un paese occidentale, debba essere qualcosa di molto più sfumato (almeno per ora, in futuro non so) rispetto a quelle immagini a tinte forti.

Poi mi sono imbattuto in Nina.
Una ragazza ventiquattrenne madre di sei figli, presumibilmente americana, che incontra uno sconosciuto in un ristorante e che, dopo una breve chiacchierata, accetta di iniziare una lunga sessione fotografica - e poi una seconda e un terza - in cui si fa fotografare nuda nella camera di un motel.

Il nickname del tizio è Bobtown.
Bobtown spiega nel suo diario online che grazie a Nina sta realizzato il suo sogno di bambino: poter avere a propria disposizione una donna disposta a farsi fotografare senza vestiti.
Svelata.

Il diario è il racconto di queste sessioni ripetute, con tanto di spiegazioni dettagliate sulle allergie agli occhi di Nina che le impediscono di sopportare troppo a lungo il flash, o la promessa che photoshop avrebbe aiutato la ragazza a nascondere gli inestetismi conseguenti alla maternità.
Il suo album fotografico, al momento, è pieno solo di lei, Nina.

Le immagini, io credo, parlano da sole. Nina non è una di quelle bellezze plastificate tutte uguali che si vedono fotografate a chili sui giornali oppure online, né la classica casalinga esibizionista per stanchezza in cerca del brivido osceno dello sguardo altrui, e neanche una borderline come i personaggi raccontati dal mio amico Mike Walker aka Radiobirdman47.
Le foto che la ritraggono non sono particolamente belle e men che meno patinate.
Sono ormai decine e quasi tutte uguali.

Chi e cosa sia Nina non so. Forse nemmeno lei.
Per me, lei, il mondo che emerge dal romanzo - narrativo e fotografico - della curiosa relazione tra questi due tizi, è la "crisi".


Nina3 C'mon Dont B Shy by ~bobtown on deviantART


Nina3 Or I Can Play With It by ~bobtown on deviantART


Nina2 Have You Been Good? by ~bobtown on deviantART

lunedì 17 agosto 2009

giovedì 6 agosto 2009

Vicenzaabc - La serie completa

Prosegue la pubblicazione completa di Vicenzaabc, il settimanale vicentino diretto da Matteo Rinaldi, di cui ho avuto l'onore di essere redattore.
Di questo passo l'ultimo numero della rivista lo inserirò nel blog nel 2024. Giusto in tempo per celebrare il ventennale della nascita.

Vicenzaabc n. 9 - 14 maggio 2004