martedì 26 marzo 2013

Cos’è che rende la mia vita più sacrificabile?

Le sinistre sirene di ambulanza di Born to run sembrano già un’avvisaglia di come l’ombra lunga della guerra in Vietnam si proietterà su Darkness on the edge of town. Per un giovane dell’età di Bruce e della sua classe sociale, si trattava di una faccenda piuttosto concreta. Barton Haynes, il batterista del suo primo gruppo, era rimasto ucciso a diciannove anni durante un’azione a Quang Tri. Molti ragazzi tornavano che non erano più gli stessi, e i coetanei erano terrorizzati.

Mentre gli studenti erano esclusi dalla coscrizione obbligatoria, venivano arruolati i figli di operai e i disoccupati, e fra questi anche i musicisti. Una volta Bruce ha raccontato a “Rolling Stone” di quell’autobus che lo aveva portato alla visita di leva. I due terzi dei ragazzi di Asbury Park che gli sedevano accanto erano afroamericani, e lui si era chiesto: “Cos’è che rende la mia vita o quella dei miei amici più sacrificabile di quella di uno che va a scuola?”. Dovette formarsi in quel periodo la sua idea fissa che l’essere indifesi, disinformati, in balia della mancanza di opportunità, coincidesse col destino di essere spediti in guerra.

(Marina Petrillo - Nativo americano. La voce folk di Bruce Springsteen)


Unidentified U.S. Army soldier, Vietnam on June 18, 1965 (Fonte: Vintage everyday).

domenica 24 marzo 2013

L'immaginazione è geolocalizzata

L'altro giorno sono inciampato in una vecchia hit di Springsteen che non sentivo da un bel po' d'anni. Una delle sue canzoni d'amore più belle: I'm on fire. E' del 1984. Quasi trent'anni. Portati piuttosto bene.

Anche il video merita più d'una visione per come riesce a fare viaggiare la fantasia, regalando in tre minuti una bella storia malinconica di un amore impossibile. I personaggi sono Springsteen stesso, nella parte di un maccanico, e una bella ragazza (presumiamo, visto che non si vede mai in viso) forse sposata forse no, comunque ricca, che porta la macchina a riparare nell'autofficina del Boss. Che poi nel caso boss non è nemmeno, visto che il capo dell'officina è un altro che si intravede all'inizio del video.

I due hanno un breve dialogo e lei gli consegna le chiavi dell'auto.

giovedì 14 marzo 2013

Etica ed estetica dell'abbandono

Oggi, su la Nuova Sardegna, doppio paginone su Sardegna Abbandonata, il sito web ideato e realizzato dal mio amico Martino Pinna. Un progetto che sta diventando un film, al quale mi onoro di collaborare anch'io insieme al videomaker Alessandro Violi, oltre che a Martino.

Qui per scaricare il pdf.
Qui l'immagine ad alta risoluzione.


martedì 12 marzo 2013

L'Ordine e l'arte della manutenzione di una professione

In un testo divulgativo molto usato, "Journalism. A very short introduction" (Oxford University Press, 2003, 2005), l’inglese Ian Hargreaves, giornalista e professore universitario, scrive:

"In effetti, le uniche società in cui l’ammissione alla pratica del giornalismo è controllata sono quelle che hanno abbandonato o non hanno mai conosciuto la democrazia, come l’Unione Sovietica nel periodo della guerra fredda, o numerosi paesi in Africa, Medio Oriente e Asia. L’obbligo di appartenere a una «unione di giornalisti» o a un «club della stampa» approvati dallo stato garantisce che il giornalismo vero, se esiste, avrà luogo per sotterfugio. Il diritto fondamentale alla libera espressione democratica dà, in linea di principio, a ogni cittadino il diritto di essere un giornalista, per segnalare un fatto, e di pubblicare un parere. Il giornalismo, secondo questa linea di ragionamento, è filosoficamente e praticamente al di là della regolamentazione da parte di qualsiasi organismo associato con lo stato. Persino il porre un forte accento sulla formazione o gli standard professionali può ridurre questa necessaria libertà: come la libera espressione garantisce la tolleranza per la pornografia e i brutti romanzi, così pure deve distogliere gli occhi dal cattivo giornalismo. L’alternativa trasforma il giornalismo in un altro ramo del potere costituito".

da Il web e l'arte della manutenzione della notizia di Alessandro Gazoia (jumpinshark)

lunedì 11 marzo 2013

Il grafo

Ebbene sì, io pure grafo oltre che giornalisto e videomakero.... Collaboro con questa rivista online, Note Modenesi. Tra l'altro realizzo quasi tutte le copertine. Ecco una selezione di quelle che mi hanno dato maggiore soddisfazione.










Kimunology


Cult de la personalìt.

lunedì 4 marzo 2013

Epica serba

Serbian epics, è un documentario (in inglese) girato nel 1992 tra i nazionalisti serbi della Republika Srpska (la Bosnia serba) dal film-maker polacco Pawel Pawlikowski. Il docu-film tenta di tracciare un'antropologia serba tra religione, storia, epica e musica, che aiuti a cogliere le ragioni della guerra nei Balcani, ovviamente da quello specifico punto di vista.

Il film comprende anche un'intervista all'allora presidente serbo-bosniaco Radovan Karadžić e vede anche la presenza dello scrittore russo Eduard Limonov, in quel periodo a fianco delle milizie serbe sulle colline sopra Sarajevo assediata.


In due ore di guerra, pensa Eduard, si impara sulla vita e sugli uomini più che in quattro decenni di pace. La guerra è sporca, è vero, la guerra non ha senso, ma, cazzo!, neanche la vita civile ha senso, per quanto è tetra e ragionevole a forza di frenare gli istinti. La verità che nessuno osa dire è che la guerra è un piacere, il più grande dei piaceri, altrimenti finirebbe subito. La guerra è come l’eroina: provata una volta, non si può più farne a meno. Parliamo di una guerra vera, naturalmente, non di «bombardamenti chirurgici» e porcate simili, buone per gli americani che vogliono fare i gendarmi in casa altrui senza rischiare i loro preziosi soldatini in combattimenti «di terra». Il piacere della guerra, della guerra vera, è innato negli uomini come quello della pace, ed è un’idiozia volerli mutilare di questo piacere ripetendo virtuosamente: la pace è buona, la guerra è cattiva. In realtà, pace e guerra sono come l’uomo e la donna, lo yin e lo yang: sono necessarie entrambe.

Emmanuel Carrère - Limonov