lunedì 29 settembre 2014

Le ombre


Da bambino avevo un cane, era un cane di media taglia color miele. Si chiamava Boris. Io e mio fratello siamo cresciuti insieme a lui. Mi ricordo che tutte le notti, quando andavo a dormire, dopo un po' che mi ero coricato lo sentivo entrare. Le unghie ticchettavano sul pavimento, sentivo che annusava gli angoli, poi andava dall'altra parte della stanza, di fronte al mio letto. Con un tonfo sordo si distendeva sul pavimento. Poi cominciava a russare. La mattina, appena mio padre o mio fratello si svegliavano, usciva scodinzolando di corsa, per poi tornare a svegliarmi. Ho passato con lui ore ed ore a giocare, a rincorrerlo nel bosco e nei prati, mentre si lanciava velocissimo lungo le distese verdi, anche quella volta che si ruppe la zampa ed aveva il gesso che lo ricopriva fino al collo. Corse talmente forte che lo squarciò, ma guarì ugualmente. A quindici anni Boris si ammalò. Aveva un tumore alla bocca. Era stanco, ed ogni volta che si muoveva lasciava dietro di sé una lunga striscia di bava. Si vedeva che stava male perché gli ultimi giorni non appoggiava più il muso sul mio ginocchio, mentre mangiavamo, ma rimaneva disteso nell'angolo, a respirare affannosamente. Poi cominciò a diventare incontinente, si faceva la cacca addosso e non riusciva più a correre nel bosco. Mio padre all'epoca non poteva fare nessun movimento, perché aveva una brutta infiammazione alla schiena. Però un pomeriggio prese il cane e lo portò nel prato dietro casa. Pioveva forte. Da lontano, tra la pioggia e la nebbia, ci affacciammo alla finestra e li vedemmo allontanarsi come due ombre. Boris, che camminava trascinandosi lentamente, e mio padre, con la vanga e il fucile in mano. Lo schioppo si sentì echeggiare in tutta la vallata. Poi mio padre lo avvolse nella sua coperta e lo portò nel bosco dove gli scavò la fossa. Tornò dopo qualche ora, non riusciva a muovere neanche un muscolo della schiena, era bagnato fradicio. Si chiuse in camera e ci rimase tutta la sera. Poi uscì, con gli occhi gonfi e la faccia distrutta. Fu l'unica volta che vidi piangere mio padre.